Abbiamo attraversato l’immensità dell’oceano e la vastità della savana. Ora ci troviamo nel cuore pulsante della modernità: la metropoli.
È notte. La città è illuminata da luci fredde. Grattacieli di vetro e strutture di cemento armato si ergono maestosi. Le strade accolgono persone in rapido movimento. Suoni metallici di mezzi e di voci riempiono l’aria, mentre la metropolitana sfreccia sotto la superficie. All’80esimo piano di un grattacielo, incontriamo un giovane ingegnere visionario. È nel suo ufficio, circondato da monitor e spie luminose. Siede ad una scrivania. I suoi occhi si posano sugli schermi, le sue mani tracciano ponti, reti, tecnologie.
“Come fai ad immaginare città intere che solo tu per ora riesci a vedere?”
“Prima di vederle, le ascolto. Ogni città, anche se ancora non è nata, ha una voce, un ritmo, un’esigenza, una particolarità, un’aspirazione. E per ascoltare le città del futuro occorre conoscere il loro linguaggio, il loro funzionamento, la loro complessità”.
“Come?”
“Servono competenza tecnica e tecnologica, predisposizione all’analisi e alla connessione. Serve saper trasformare le intuizioni in calcolo, codici e strutture. La visione, senza la base solida della conoscenza, è solo illusione”.
Il suo sguardo torna agli schermi. A quelle città ascoltate, immaginate, progettate, integrando sapere e visione.
Abbandoniamo in silenzio l’ufficio, tornando alle parole dell’ingegnere visionario: per costruire strutture complesse ed efficienti occorre coniugare conoscenza tecnica, padronanza tecnologica, competenza progettuale e spirito di innovazione. Non si tratta solo di saper fare, ma di comprendere in profondità sistemi, dinamiche e interazioni.
Un altro valore fondamentale che portiamo con noi nel nostro viaggio. Già proiettati verso la prossima tappa in cui sarà la natura ad essere protagonista.